Basterebbe leggere l’asciutta e impietosa analisi di Luciano Gallino pubblicata su La Repubblica di oggi per avere un’immagine cristallina di quanto sta avvenendo. Forse, però, vale la pena di tentare una via meno “tecnica” per spiegare, anche ai meno pratici di diritto del lavoro, come stiano le cose.

Classifica del debito pubblico su PIL

Tutto il mondo intero è ancora schiacciato dal giogo della crisi economica cominciata nel 2008. Abbiamo avuto una prima fase, legata alla bolla immobiliare, ai famosi “Mutui subprime” americani. Una seconda, terribile fase, che ha coinvolto colossi finanziari come Lehman Brothers, AIG, Merrill Lynch e molti altri. La terza è quella che ha coinvolto gli stati, con crisi pesantissime di Paesi come la Grecia, il Portogallo, l’Irlanda, la Spagna, l’Italia. Non sono indenni dai contraccolpi nemmeno Francia e Germania, cuori pulsanti della politica economica UE. A rischio è la tenuta dell’intero sistema economico mondiale, non solo dell’Euro. Recentemente – e per la prima volta – persino gli Stati Uniti sono stati declassati da Standard & Poor’s. Ciò significa semplicemente che i titoli di stato emessi dal governo americano non sono più considerati così sicuri perché l’economia “più grande del mondo”, la capitale mondiale del capitalismo, barcolla da troppo tempo. Ogni governo ha il suo bel da fare per cercare di limitare i danni. Il tentativo – per tutti – è quello di abbassare il debito pubblico e di far tornare i conti della bilancia economica. Le banche centrali, dal loro canto, tentano di mantenere stabile la moneta.

In Italia ci sarebbe molto da fare. Abbiamo un cancro soffocante costituito dalla criminalità organizzata (le mafie); se la ‘ndrangheta fosse un’azienda, nel 2010 avrebbe fatturato una quarantina di miliardi di euro. Abbiamo una corruzione dilagante e il sistema delle tangenti smascherato nel ’92 non è mai finito. Un chilometro di autostrada in Italia costa dalle 3 alle 5 volte in più rispetto a Francia e Germania. Abbiamo una macchina pubblica pesantissima, un’evasione fiscale impressionante (secondo la GdF nei primi 5 mesi del 2011 erano già stati evasi dal fisco 23 mld di euro), una classe dirigente incompetente e corrotta. Abbiamo, infine, degli industriali cialtroni, la peggior classe padronale mai vista su suolo italiano. Gente che non investe nulla, che punta tutto sulla finanza e che non è in grado di fare utile producendo dei beni.

Quale risposta si da alla crisi in Italia? Quale risposte si danno alle angosce ed alle preoccupazioni della nostra gente? Si smantellano i contratti nazionali in un solo colpo (art. 8 della manovra), si da libertà alle imprese di licenziare, si mortifica la Costituzione, si apre la strada ad un modello nuovo e antico al contempo. Quando Maurizio Castro, PdL – padre di questo mostro – afferma “Finalmente una rivoluzione con un salto di sessant’anni” vuol rivendicare con orgoglio di avere spazzato via con una secchiata di fango 60 anni di conquiste dei lavoratori. Quando Maurizio Sacconi, dal palco del Congresso ACLI parla di “bastardi anni ’70″, non si riferisce certo all’arredamento kitsch dell’epoca ma alle conquiste del decennio 1969/1979 che hanno prodotto lo stato dei diritti che avevamo fino a poco fa.

Non si fa nulla per limitare i danni della crisi che di sicuro NON sono stati lavoratori e pensionati a generare. Non si fa nulla per arginare le voragini a cui abbiamo accennato, si pratica solo ed esclusivamente una VENDETTA sui lavoratori dipendenti, una rivincita storica che il padronato italiano e la destra più reazionaria accarezzavano almeno dal 1980.

Non ci sono più scuse per non scioperare. Nessuno può sottrarsi a QUESTA battaglia o dire “Non mi riguarda”, occorre agire immediatamente e con la massima determinazione. Dice Giorgio Cremaschi: «Lo sciopero generale a questo punto è ancora più giustificato, ma deve dare il via a un movimento che punti a rovesciare il governo e la manovra. Dobbiamo fermarli. Dobbiamo fermare il disastro provocato da Berlusconi, ma dobbiamo anche dire basta al governo unico delle banche europeo che sta portando l’Europa a una recessione drammatica, per difendere la speculazione e la finanza. Basta con Berlusconi, basta con la Bce e l’Europa delle banche. Su questo si scende in piazza e ci si resta». Siamo d’accordo con lui! La Fiom ha iniziato oggi a Torino (P.za Carignano), con un presidio fisso fatto di “tende, musica e parole non stop”. Lo stesso si fa a Piazza Affari a Milano, all’Ilva di Taranto, in Piazza Navona a Roma, alla Ducati a Bologna.

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