Le idrovore di ca' Vendramin

Le idrovore di ca’ Vendramin

Cosa ti viene in mente, piccola Laika, se ti dico “Polesine”? “Il fiume Po” è un’ottima risposta. Come spesso accade, i libri e le enciclopedie ci aiutano; leggo su wikipedia “Il nome Polesine è una voce veneta che deriva dal latino medievale pollìcinum o polìcinum, ossia “terra paludosa“.”. In effetti il delta del fiume lo è stato e in parte lo è ancora. Non sono così ferrato sulla storia della regione ma i vecchi mi dicono che già ai tempi della Repubblica Veneziana sono state fatte importanti opere di bonifica, anche se la tecnologia per compiere l’operazione più ambiziosa è poi arrivata negli anni ’30 del 1900. Sempre i vecchi dicono che erano venuti sino dall’Olanda per studiare la bonifica! Tu pensa, lo avresti mai detto? Gli olandesi che vengono ad imparare in Polesine come strappare la terra al mare.

E’ una terra meravigliosa, sai? Basta andare su google e cercare le immagini per trovare paesaggi da cartolina. Ultimamente sento fare sempre più spesso il paragone con il delta del Rodano e la Camargue, dove moltissimi italiani vanno in vacanza alla scoperta di un paesaggio fuori dal comune. Lo sanno quegli italiani che qui a casa loro c’è un parco naturale ancora più bello?

Il vecchio zuccherificio

Il vecchio zuccherificio

E’ un territorio tutto particolare questo, una terra di confine da secoli e lo capisci anche solo dalla piera che segna il confine tra lo Stato Pontificio e La Repubblica di San Marco, una terra di contadini e pescatori che ha subito per secoli gli scontri fra le spie papaline e quelle del Doge, la fame, la pellagra, la malaria, le malattie del sangue tipiche delle zone paludose. Lo vedi ad occhio che questa protuberanza di terra che è il delta sembra uscire con un moto di ribellione, spinto dall’acqua dolce del fiume.

Colonna di confine Papato - Venezia

Colonna di confine Papato – Venezia

E’ un territorio dove il lavoro non c’è. Ai tempi dei miei nonni c’era la mezzadria, i coloni che lavoravano le terre dei padroni e spesso non tiravano su neanche ciò che serviva per sfamare la famiglia. C’è stato lo zuccherificio, ci sono stati i laboratori tessili, piccole boite a gestione familiare che ricordano molto quelli cinesi. Poi è arrivata anche l’Enel a promettere lavoro e benessere: il lavoro è stato per pochi e non è durato abbastanza da vedere più di una generazione di impiegati, quando al benessere… vai a chiedere alla gente del posto cosa ha sputato negli anni nel cielo, sulla terra e in acqua quel mostro di Polesine Camerini. Oggi a penetrare l’aria della frazione di Ca’ Mello è invece una sciagurata centrale a biomasse. Prima dell’alluvione del 1966 il comune principale, Porto Tolle, aveva circa 30mila abitanti, ora invece poco più di 10mila: chi ha trovato un lavoro altrove non se l’è sentita di tornare a penare lì. Qualcuno pensava forse di fare uno scambio lavoro vs salute come a Taranto e come al solito il risultato è: poco lavoro, poca salute e la devastazione di un territorio unico.

Il "mostro" Enel visto dal porto di Pila

Il “mostro” Enel visto dal porto di Pila

I ragazzi del posto macinano kilometri per andare dove il lavoro c’è, in provincia di Padova, Ravenna, Ferrara, Venezia ma la crisi ha messo in ginocchio anche le aree più produttive del Paese. E allora? Cassa Integrazione, Mobilità, licenziamenti collettivi.

C’è chi, per sbarcare il lunario, fa due o tre lavori in nero: la mattina negli allevamenti di piocci (le cozze) o vongole, il pomeriggio a caricare quintali di meloni e angurie e la sera a fare qualche altra oretta in altri lidi. C’è chi accetta compensi da 200 luridi euro al mese per 4 giorni di lavoro alla settimana pur di non stare a casa. E fa fatica prenderli, anche. Ti sembra un’esagerazione, vero? Ti vengono in mente i Malavoglia, coi loro lupini e le loro disgrazie? Eppure è così, in Italia nel 2014.

Qualcuno si è messo in testa di colonizzare l’Africa qui da noi, con tutto il rispetto per l’Africa” mi dicono. E non è affatto un paragone azzardato: mentre le persone comuni fanno i salti mortali per vivere, alcuni fra i signori più ricchi d’Italia posseggono tutto: la terra, le aziende, i cantieri navali, le società sportive. Hanno costruito un impero basato sullo sfruttamento e gli amministratori locali quasi sempre vanno loro dietro nella speranza vana che, prima o poi, parte di questa ricchezza venga ridistribuita, il cosiddetto olio sociale dei reaganomics. Invece la ricchezza si accumula sempre di più, i signorotti prendono denaro pubblico dalla comunità  e non rendono nulla.

Le cozzeLa dignità delle persone è eccezionale ma di sola dignità non si mangia, non si crescono figli, non si riempiono gli scaffali delle biblioteche, non si costruiscono scuole o asili, non si pagano le rate dei mutui. Da tanto tempo nel Polesine la gente spera in un riscatto: nel Veneto Bianco questa era un’Isola Rossa. Anche il regime fascista ha dovuto penare parecchio per controllare il territorio. Forse c’è tanta rassegnazione negli occhi delle donne e degli uomini che ho incontrato ma nel loro sangue c’è una storia di ribellione, ci sono gli anticorpi ai gioghi degli schiavisti e dei padroni, ci sono gli elementi necessari per costruire una vita diversa. Gente che ha strappato la terra al mare può fare questo ed altro.

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