Non sono sicuro che l’Italia che ho in mente io sia la stessa che sogni tu, cara Laika. Che poi si fa in fretta a dire che tutto sommato la pensiamo simile ma non ci siamo mai fermati a dire che genere di Paese vogliamo. E allora proviamo a dire un paio di cose.

Ai tempi del liceo gridavo nei cortei che volevo una scuola “pubblica, laica, solidale ed antifascista“. Io partirei da lì: penso ad una scuola di insegnanti preparati e motivati a battersi per portare avanti le loro classi, per insegnare e fare crescere, coltivare il senso critico. Voglio una scuola che renda capaci di pensare con la propria testa e confrontarsi apertamente, voglio che venga praticata in edifici puliti, integri, coloratissimi. Vorrei che questa scuola venisse organizzata e strutturata da studenti ed insegnanti, magari anche dai tecnici e dai bidelli, perché no? Ma vi prego, basta coi politicanti e i funzionari, che di scuola e istruzione ne sanno come io ne so di fisica quantistica.

Voglio un Paese che cancelli la Borsa, che sancisca la supremazia dell’economia sulla finanza, in cui si stabilisca chiaro per tutti che nel mondo reale non esiste alcuna ricchezza che non sia quella che la natura ci offre e/o che si produce con il lavoro, con lentezza. Questa è la chiave: guadagni rapidi e stellari non esistono se non nel mondo perverso dei finanzieri.

Voglio un Paese in cui la sanità sia pubblica, gratuita, efficace, sostenuta da governi e regioni attenti e rigorosi.

Voglio un Paese con un fisco equo per tutti, progressivo ed INELUDIBILE almeno quanto la morte. Pagare poco, pagare tutti (almeno tutti quelli che hanno un reddito, per la miseria).

Voglio un Paese che si muova e produca in modo sostenibile, ad impatto zero o quasi, che misuri ogni cosa in rapporto all’utilità ed al costo che ha per la collettività, non in relazione a chi ci deve guadagnare sopra.

Voglio un Paese in cui le banche e le assicurazioni siano pubbliche e servano per dare gambe al lavoro ed al risparmio.

Voglio un Paese che si ponga l’obiettivo di eliminare il sistema monetario, un autentico cancro per l’economia, un principio che funziona sulla base del debito e che produce debito senza fine. Non è facile, me ne rendo conto, ma abbiamo fior di studiosi, col tempo e con la pazienza possiamo fare qualunque cosa di meglio.

Voglio un Paese di eguali, senza distinzione di lingua, razza, credo religioso, età, sesso, orientamento sessuale e politico.

Voglio un Paese con un sistema giudiziario giusto, efficace, che garantisca giustizia ai cittadini e che giudichi uomini e donne partendo dal presupposto che tutti (nessuno escluso) sono uguali davanti alla legge. Un Paese in cui ci sia la certezza delle giustizia e della pena. Un Paese in cui le aziende NON abbiano mai gli estessi diritti delle persone. Semmai, al contrario,  responsabilità maggiori.

Voglio un Paese la cui classe dirigente senta totalmente l’onore ed il privilegio di condurre i processi civili, politici, democratici ed economici che governano la Nazione. Una classe dirigente di donne e uomini ben retribuiti per tali responsabilità, senza per questo percepire stipendi 500 volte superiori a quello di un operaio.

Voglio un Paese con una pubblica amministrazione efficace ed economica, fatta da persone che sentono l’orgoglio di lavorare al servizio della collettività, pagate in maniera giusta e dignitosa, con lavotratici e lavoratori coinvolti nelle scelte e nell’organizzazione del loro lavoro.

Voglio un Paese che ripudi davvero la guerra e che pensi alle forze armate e di polizia come strumento di preservazione dello stato democratico e della giustizia.

Voglio un Paese che si ponga l’obiettivo fondante di far lavorare tutte/i in condizioni di sicurezza e dignità con una retribuzione sufficiente a provvedere a sé ed alle proprie famiglie. Un Paese in cui il lavoro precario venga considerato al pari della schiavitù.

Voglio un Paese che si adoperi per cancellare dalla storia i mafiosi e la cultura delle mafie. E questo si fa solo con una lotta durissima sul piano militare e strepitosa sul piano culturale.

La premessa fondamentale per costruire un paese come questo, ammesso che piaccia anche a te, non è la cacciata di Berlusconi in sé e per sé. Semmai è la cacciata della cultura berlusconiana, la cacciata della mediocrità dalle nostre abitudini, della disonestà dalla nostra sub-cultura italiota. Questa Italia prevede una rivoluzione bella e buona, una sommossa di dignità, cultura. Si passa necessariamente da un cambiamento profondo della visione che abbiamo di noi stessi e del rapporto che abbiamo con gli altri e con la cosa pubblica, che deve cessare di essere “di nessuno” per diventare finamente “di tutti”. Per arrivare a costruire quel Paese ci vuole il contributo di tutti, senza distinzioni. Bisogna arrivare a rifiutare il privilegio, perché siamo tutti bravi a gridarei ai corrotti ma non siamo altrettando bravi a rifiutare il favore. Questo è uno degli elementi più forti. Solo così si ripristina lo stato di diritto, non dico lo stato socialista.
Un Paese così si costruisce solo con la voglia di uscire di casa, di leggere, di informarsi, di esprimere la propria opinione, con la voglia di studiare sempre e ancora, di conoscere, di confrontarsi con gli altri. Siamo arrivati dove siamo anche perché ci siamo accontentati del nostro sistema di delega. Basta!

Come vedi non c’è nulla di nuovo, Laika mia. Anzi. E’ stato tutto già detto e scritto ben prima che io e te nascessimo. E’ faticoso, tremendamente faticoso e noi siamo pigri, grassi nell’animo e sciatti. Questa nostra Italia ha partorito nomi eccellenti, ha visto uomini e donne compiere imprese umane straordinarie. Quella dignità, quella passione, quell’onestà e quel senso sublime per l’arte e per la cultura ce l’abbiamo nel dna, nascosto. Possiamo ancora fare cose eccezionali, non credi? Allora si, potremmo dirci davvero orgogliosi di fare parte di una comunità come quella.

 

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