La sede della Banca Centrale Europea

Oltre 200 economisti italiani nei giorni scorsi hanno firmato una lettera per esprimere forte dissenso nei confronti delle disastrose politiche finanziarie intraprese dai governi europei dopo la crisi del 2009.  

In quest’ottica il “salvataggio della Grecia” rappresenta uno slogan falso, una cinica operazione di marketing per salvare le istituzioni finanziarie europee. La BCE regola la distribuzione della ricchezza inasprendo le ineguaglianze sociali e le fratture generazionali, favorendo la disoccupazione e negando il diritto alla salute di milioni di cittadini.  

Tutto questo senza mai essere stata da questi votata. E’ questa la via europea alla democrazia? Dietro le belle parole usate a profusione nei convegni, si nasconde un brutale inasprimento del conflitto sociale.  

La sciagurata miscela di neo-liberismo economico e politiche reazionarie è stata preparata non solo per difendere il capitale finanziario ed industriale, ma anche per riaffermare un’ideologia autoritaria e classista.  

Wall Street, sede della Borsa USA

 Le politiche di austerità per la “fiducia nei mercati finanziari” sono pure e semplici mistificazioni. In chi dovremmo avere fiducia? Nelle corrotte agenzie di rating, nelle grandi banche che vendono spazzatura e si “risanano” con i nostri soldi, nei fondi pensione che rubano i risparmi di migliaia di lavoratori, nelle coalizioni politico-amministrative sbugiardate da scandali, truffe ed intrallazzi con la malavita? O forse dovremmo credere nelle entità ultraterrene i cui interlocutori terrestri nascondono all’interno delle loro sacre mura i più infami reati contro le persone più indifese?  

Durante la Grande Depressione degli anni ‘30, la mancata adozione di politiche espansive, capaci di contrastare le spinte deflazionistiche dell’economia globale, portò alla disgregazione delle coalizioni politiche e delle istituzioni in grado di trovare soluzioni alla crisi economica. Anche allora le forze della speculazione finanziaria resero l’adozione di quelle politiche difficili da attuare. In effetti non fu possibile trovare soluzioni pacifiche alla crisi e le politiche dei singoli stati adottarono quindi un segno di barbarie reazionaria fino a risolvere le contraddizioni globali generate da quella crisi con il più devastante conflitto della storia.  

La Lettera degli economisti italiani è opportuna in quanto è necessario che anche il ceto intellettuale si mobiliti per combattere l’austerity a senso unico, per difendere le tutele sociali e per promuovere soluzioni macroeconomiche in grado di creare occupazione sostenibile.  

Nei momenti di profonda crisi le finzioni e le ipocrisie lasciano il posto alla spietatezza dei fenomeni reali. La lotta di classe diventa più crudele nei confronti dei più deboli. Non si esce da questo accerchiamento solo con gli appelli alle istituzioni o le eccezioni costituzionali. Bisogna agire nei luoghi di lavoro e reagire nelle piazze. Bisogna esercitare il confronto e praticare lo scontro.  

E’ necessario maturare una coscienza della propria esistenza in quanto classe senza patria né padroni né protettori celesti. Le catene sono tali anche quando rese più lasche da politiche keynesiane. Si deve operare perché il futuro non debba più ripetere i drammi e le follie del secolo scorso e perché le catene non abbiano più senso di esistere.  

Chi, in nome della libera impresa offre la sola garanzia di una libera oppressione, deve trovarsi di fronte alla resistenza organizzata. Il capitale svalorizza lo stesso lavoro che lo sostiene. E’ anche compito nostro risolvere questa contraddizione.  

   

Massimo

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