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E’ ora di fare una passeggiata, piccola Laika. Hai visto tanti Primo Maggio diversi dall’orbita dello Sputnik 2: le parate sulla piazza rossa ma anche grandi manifestazioni di tutta altra risma in Francia o in Italia… il concertone di Piazza San Giovanni, ecc. Ho indovinato? Ultimamente, però, la situazione nel mondo del lavoro è diventata drammatica e la festa è sempre meno sentita: «Non c’è niente da festeggiare»  dice qualcuno. Ma è davvero così?

Forse dovremmo capire che cos’è questa Festa dei Lavoratori. Una ricorrenza? Pensi ai fatti di Chicago della fine dell’800? Uhm… si, certo, è anche questo. Ma se fosse tutto li, parleremmo di mera testimonianza, no? Io credo che ci sia qualcosa di più e vorrei che partissimo da casa nostra, dalla realtà che conosciamo meglio. Penso, cara amica, alle lotte operaie delle fabbriche e a quelle dei braccianti nelle campagne che hanno avuto uno stop lungo un ventennio a causa dell’oppressione della dittatura. Rischiò di essere un lungo inverno atomico dal quale non era più possibile ripartire ma il sangue versato da una generazione di giovani eccezionali ha reso nuovamente fertile la nostra cultura democratica e del lavoro. Hai già indovinato a cosa penso, vero? Eh già, proprio alla Costituzione Repubblicana, al suo eccezionale Articolo 1: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro“. Ma ti rendi conto? E guarda che non è una “roba da comunisti”: quell’impostazione fu certamente voluta dal cosiddetto fronte popolare ma metteva d’accordo tutte le forze democratiche e tutti i soggetti usciti dalla guerra civile e dalla Resistenza. I ragazzi e le ragazze che avevano combattuto avevano immaginato un Paese Nuovo, diverso, un posto più giusto dove vivere. Hai dei dubbi? Vai a leggere le biografie, a guardare le fotografie, a leggere le lettere di Germano Nicolini, Giovanni Pesce, Dante Castellucci, i fratelli Cervi, Dante Di Nanni, Guido Picelli, Giacomo Ulivi, Tony Giuriolo, Pietro Chiodi, Amos Messori, Walter Fillak, Ferruccio Nazionale, Aldo Balla e tante e tanti altri.

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Ecco che allora la festa del lavoro oggi ha tutto un altro gusto: ci ricorda chi siamo e da dove veniamo. Non voglio più sentire giovani parlare con noia del 1° maggio perché precari o perché i loro sfruttatori volano al di sopra della costituzione o dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori. Quelle giovani donne e quegli uomini che citavamo hanno lottato duramente per darci dei diritti, un salario dignitoso, la scuola pubblica, lo stato sociale, la sanità gratuita. Li hanno conquistati per loro e per noi ad un prezzo altissimo e non ci hanno chiesto nulla in cambio, se non di difendere ciò che loro ci avevano lasciato in dote. Allora forse adesso comprendi: tutto ciò che abbiamo elencato prima è un DEBITO che ognuno di noi ha. I diritti, il salario, un posto fisso, delle garanzie per il futuro nostro e dei nostri discendenti, tutto questo noi lo abbiamo ricevuto ma non è gratis. I nostri avversari non hanno ceduto volentieri e provano costantemente a riprendersi tutto indietro. Non hanno cominciato ieri, bada bene. Questi banditi, veri e propri Robin Hood al contrario, hanno spostato più di mille miliardi dai salari alle rendite, sottraendoci l’equivalente di più di 10 punti di pil in 20 anni! Quanti soldi hai perso ogni anno? 5000? 6000 euro? Se è vero tutto questo, come io credo profondamente che sia, allora questo debito dobbiamo ripagarlo e lo dobbiamo fare con gioia e con fierezza: la gioia di fare una cosa giusta e legittima, la fierezza di lasciare anche noi qualcosa alle prossime generazioni.

Viva il Primo Maggio, Viva chi vive del proprio lavoro!

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