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Nei primi minuti di Michael Collins, il superbo film di Neil Jordan, un epico Ian Hart dice: “Certe persone sono ciò che i tempi richiedono“. Quel passaggio stà diventando un’ossessione. Mi chiedo: noi siamo ciò che il nostro tempo ci richiede? In questi mesi ho sentito molti autorevoli compagni spendersi per lo sciopero generale del 6 settembre con grande passione, spiegare quanto malefica fosse la manovra del governo. Ho udito le stesse compagne e gli stessi compagni spendersi con altrettanto entusiasmo a favore dell’accordo firmato dalla CGIL il 28 giugno scorso e recentemente ratificato. Tra l’altro, prima ancora che gli iscritti lo potessero validare democraticamente, come ben sai.


In questo blog, piccola Laika, abbiamo ripetuto con grande insistenza la nostra opposizione a quel modello di sindacato. Ancora una volta ci siamo sentiti dire che non riuscivamo a capire, che firme come quella presto saranno un potente strumento nelle mani dei lavoratori. Noi a consumarci i polmoni per gridare che ci saranno meno democrazia, meno salario, meno stato sociale, meno servizi. Loro a dirci, scuotendo il capoccione, che invece abbiamo fatto prevalere le nostre posizioni sui sindacati complici (CISL, UIL, UGL) e sul Governo.

Dimmelo tu: quanto dura una cazzata pronunciata solennemente? Un’ora? Un mese? Un anno? Dopo il 28 giugno abbiamo letto tutti le note di Confindustria ai propri associati che spiegavano eloquentemente quanti avanzamenti quell’accordo avesse prodotto per i padroni. Quindi, per la proprietà transitiva, un arretramento per noi, visto che il conflitto capitale vs lavoro esiste, non è un’invenzione (vero Marchionne?).


Questa mattina il Corriere della Sera ci ha deliziati con il testo integrale della celeberrima lettera spedita da Trichet e Draghi al nostro Governo: contiene grande aprezzamento per l’accordo del 28/06, perché aiuterà le imprese (non le persone!) e l’attacco pesante alle pensioni, ai lavoratori pubblici, al salario, al contratto nazionale, all’art. 18 della legge 300, i beni pubblici (in barba ai referendum!).


Compagne e compagni della CGIL, mi rivolgo sommessamente a voi: rompete ogni indugio, mettete da parte ogni residuo tentennamento. Non avete i conati anche voi la sera, prima di sdraiarvi? E’ ora di scegliere: o si sta coi lavoratori, con le lavoratrici, coi pensionati – con la nostra gente in altre parole – o si sta con le banche, col governo, con i padroni. Stare con entrambi non si può. Se pensate che la macelleria sociale placherà il loro appetito vi sbagliate; la natura del Capitale è proprio questa: ci spolperà più che potrà. E per riconquistare quello che abbiamo ceduto senza colpo ferire negli ultimi anni ci vorranno generazioni di lotte e di sofferenza.


Sai che ti dico? Da bambino mia madre mi cantava sempre una canzone che diceva: “Voi gente per bene che pace cercate? La pace per fare quello che voi volete ma se questo è il prezzo, vogliamo la guerra. Se questo è il prezzo, l’abbiamo pagato. Nessuno più al mondo deve essere sfruttato“. Ora basta.


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